Le locazioni turistiche rappresentano una delle formule più diffuse per mettere a reddito un immobile in Italia, soprattutto nelle città d’arte, nei centri storici e nelle località di villeggiatura. 

Anche se molti proprietari si concentrano sulle locazioni brevi — cioè quelle fino a 30 giorni — spesso trascurano le regole che valgono per i contratti turistici di durata superiore a un mese, che rientrano in una disciplina specifica, sia civilistica che fiscale.

Vediamo allora cosa prevede la normativa italiana e, soprattutto, quali tasse si pagano quando si affitta un immobile per finalità turistiche oltre i 30 giorni.

Cos’è una locazione turistica “lunga” e cosa la distingue dalle altre

In Italia, la locazione turistica è regolata dal Codice Civile (art. 1571 e seguenti) ed è una forma di affitto “libero” che non rientra né nei contratti di locazione abitativa a lungo termine (3+2 o 4+4), nè nella casistica delle locazioni abitative transitorie (legge 431/98) né nella categoria delle locazioni brevi (fino a 30 giorni, ex art. 4 del D.L. 50/2017).

Una locazione turistica si configura quando un proprietario concede l’uso di un immobile, in genere arredato, a un soggetto, per finalità esclusivamente turistiche, senza prestazione di servizi tipici delle strutture ricettive (come pulizie giornaliere, fornitura di pasti, reception, ecc.).

Quando questa locazione ha una durata superiore ai 30 giorni, non è più assimilabile alle “locazioni brevi” ma resta, comunque, esente dalle regole rigide delle locazioni abitative ordinarie. In pratica, si tratta di un contratto libero sotto il profilo dei contenuti, ma soggetto a determinati obblighi fiscali e amministrativi.

La tassa di soggiorno: si applica anche alle locazioni turistiche lunghe?

Uno dei dubbi più frequenti per chi affitta un immobile a fini turistici riguarda la tassa di soggiorno. Si tratta di un’imposta locale che viene riscossa dai Comuni a carico degli ospiti che pernottano sul territorio. La sua introduzione è stata autorizzata dalla Legge n. 42/2009 (art. 4), e da allora sempre più Comuni — soprattutto quelli a vocazione turistica o con centri storici di pregio — ne hanno fatto uso.

Nel caso delle locazioni turistiche brevi, quindi con durata inferiore ai 30 giorni, la tassa si applica regolarmente. Il proprietario o il gestore dell’immobile, in questo caso, assume il ruolo di soggetto incaricato alla riscossione: deve riscuotere la tassa dall’ospite e riversarla al Comune secondo le modalità previste dal regolamento locale.

E se il soggiorno turistico dura più di 30 giorni, si paga la tassa di soggiorno?

La risposta è generalmente no, la tassa di soggiorno non si applica

Quasi tutti i regolamenti comunali italiani prevedono infatti l’esenzione automatica per i soggiorni superiori a 30 notti consecutive, anche se resta a fini turistici. La ratio è semplice: l’imposta è pensata per i pernottamenti brevi, legati al turismo occasionale, e non per forme di soggiorno prolungato, che si avvicinano a una residenza temporanea.

è comunque sempre opportuno verificare il regolamento specifico del Comune in cui si trova l’immobile, perché in Italia la tassa di soggiorno è regolata localmente e non in modo uniforme su tutto il territorio nazionale. Alcuni Comuni stabiliscono esenzioni parziali, limiti massimi di notti tassabili, oppure procedure diverse per locatori non professionali.

Registrazione del contratto: obbligo e modalità

A differenza delle locazioni brevi, che non richiedono registrazione se non superano i 30 giorni complessivi annui con lo stesso inquilino, i contratti turistici superiori a 30 giorni devono essere obbligatoriamente registrati presso l’Agenzia delle Entrate, entro 30 giorni dalla firma.

La registrazione può avvenire:

  • tramite il modello RLI, presentato online o presso l’ufficio competente;
  • oppure attraverso un intermediario abilitato (commercialista, CAF, notaio, ecc.).

In fase di registrazione vanno pagate le imposte indirette, cioè l’imposta di registro e l’imposta di bollo.

Quanto si paga di imposte indirette?

Imposta di registro

L’imposta di registro per le locazioni turistiche superiori a 30 giorni ammonta al 2% del canone complessivo pattuito, con un minimo di 67 euro.

Se il contratto ha durata pluriennale, è possibile versare l’imposta annualmente, sul canone previsto per ogni anno oppure in un’unica soluzione, per l’intera durata (usufruendo di uno sconto).

Imposta di bollo

È dovuta nella misura di 16 euro ogni 4 facciate scritte o ogni 100 righe di contratto, da pagare anche con addebito sul conto.

Regime fiscale sui redditi da locazione turistica

Il reddito derivante da una locazione turistica va sempre dichiarato, ma il proprietario può scegliere tra due regimi fiscali:

Regime IRPEF ordinario

In questo caso, i canoni percepiti vengono tassati insieme agli altri redditi del contribuente. Si applica l’aliquota progressiva IRPEF, con possibilità di dedurre alcune spese, come le spese di manutenzione ordinaria o le imposte pagate per la registrazione.

Cedolare secca

Se l’immobile è affittato a uso abitativo, il proprietario può optare per il regime della cedolare secca, che prevede un’imposta sostitutiva pari al 21% sul canone lordo.

Attenzione però: la cedolare secca può essere applicata solo da persone fisiche che non agiscono nell’esercizio di attività d’impresa e solo su immobili a uso abitativo.

Obblighi amministrativi: cosa deve fare il locatore

Oltre agli aspetti fiscali, il locatore è tenuto a rispettare una serie di adempimenti amministrativi, anche per locazioni turistiche superiori ai 30 giorni.

Deve:

  • comunicare il contratto alla Questura entro 48 ore dalla consegna dell’immobile, attraverso il portale “Alloggiati Web” della Polizia di Stato;
  • ottenere un codice identificativo regionale, ove previsto dalla normativa locale (diverse Regioni italiane hanno introdotto un proprio sistema di registrazione);
  • rispettare le regole sulle certificazioni energetiche (APE), da allegare in caso di contratto scritto registrato.

È obbligatorio emettere fattura o ricevuta?

Nel caso di locazioni tra privati, non è necessario emettere fattura, ma è sempre buona prassi fornire una ricevuta del pagamento, anche semplice, con indicazione della cifra ricevuta, della data e della causale.

Se invece il locatore esercita in modo sistematico l’attività, con più immobili e finalità imprenditoriali, può scattare l’obbligo di apertura della partita IVA e la tenuta della contabilità, con tutte le conseguenze fiscali del caso.

Conclusione: cosa tenere a mente

La locazione turistica di durata superiore a 30 giorni è una formula flessibile e vantaggiosa, ma non esente da obblighi. È fondamentale registrare il contratto, scegliere il corretto regime fiscale, pagare le imposte dovute e adempiere a tutti gli obblighi amministrativi previsti dalla legge.

Il proprietario ha la possibilità di optare per la cedolare secca, se in possesso dei requisiti, oppure dichiarare i redditi nel regime ordinario. In entrambi i casi, non può ignorare la normativa né affidarsi a modelli “informali” o accordi verbali.

Affittare in modo trasparente non solo evita problemi con il Fisco, ma garantisce anche un rapporto sereno con gli inquilini e con l’amministrazione pubblica.